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Trento, 16 dicembre 2009
Ma gli anni ’70 sono un’altra cosa
di Marco Boato
dal Trentino di mercoledì 16 dicembre 2009

L’Italia di questi ultimi giorni sembra ripiombata nel clima politico degli anni ’70: sabato 12 le contestazioni urlate nel quarantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana, domenica 13 l’aggressione violenta a Silvio Berlusconi a due passi da Piazza Duomo. Tutto a Milano, tutto in un fazzoletto di poche centinaia di metri, quelli da cui il 12 dicembre 1969 partì la strategia della tensione e delle stragi, che insanguinò per oltre un decennio il paese, insieme a quel terrorismo nero e rosso che caratterizzò i nostri “anni di piombo”.

Ma è davvero così? Rischiamo davvero di ripiombare nel clima politico e sociale avvelenato di quegli anni ’70, che fecero parlare alcuni storici di una sorta di “guerra civile strisciante”? Avendo vissuto in prima persona quegli anni non solo a Trento, ma conoscendo anche la realtà di molte tra le più ‘calde’ città italiane di allora, vorrei suggerire oggi una riflessione il più possibile serena e pacata.

Non c’è dubbio che c’è da anni un clima politico avvelenato e che in certi settori estremi dei due opposti schieramenti politici viene alimentata una spirale di contrapposizione antagonistica (“sono tutti comunisti”, “sono tutti fascisti”), di populismo demagogico (c’è a destra, ma c’è anche a sinistra), di sistematica demonizzazione dell’avversario, tramutato in ‘nemico’ da eliminare a tutti i costi e non, appunto in un ‘avversario’ da sconfiggere con le armi democratiche della lotta politica nonviolenta.

Effettivamente tutto questo sembra essere la riproposizione della peggiore eredità degli anni ’70, salvo dimenticarsi che quelli sono stati anche anni di straordinarie conquiste civili sotto l’onda dei movimenti collettivi degli anni ‘60: Statuto dei diritti dei lavoratori, legge sul divorzio e poi sull’interruzione volontaria di gravidanza, referendum, nuovo diritto di famiglia, consultori, voto ai diciottenni, obiezione di coscienza al servizio militare, riforma penitenziaria, servizio sanitario nazionale, abolizione dei manicomi, riforma della polizia, abolizione del “delitto d’onore”, riforma democratica della scuola (i c.d. “decreti delegati”) e via elencando.

Il contesto politico e sociale di questo periodo è ora sicuramente difficile e pesante, soprattutto a causa della crisi economica-finanziaria e delle sue ripercussioni sugli strati più deboli e meno garantiti della società. Ma non mi pare che l’autore dell’aggressione al Presidente del Consiglio sia un cassintegrato o un emarginato sociale. Uno squilibrato sì, ma socio della ditta paterna di elettronica. Né mi pare che i contestatori del giorno prima rappresentassero i familiari delle vittime delle stragi impunite, che si sono essi stessi ribellati a questo ‘revival’ ideologico.

Per dirla in breve, vedo tutti i pericoli di una radicalizzazione dello scontro sul piano fisico se al clima di odio ideologico contrapposto dovessero seguire comportamenti conseguenti (con o senza ‘cattivi maestri’ evocati nuovamente in questi giorni: francamente non vedo in quei panni né Di Pietro né la Bindi, nonostante qualche parola di troppo, ma neppure Bossi e Gasparri, che pure hanno una tradizione alle spalle…). Ma non vedo neppure le condizioni per nuove forme di terrorismo interno (quello internazionale è altra cosa) o per una diffusione improvvisa della violenza politica.

Perché questo non accada, tuttavia, bisogna evitare quelle che i sociologi chiamano “profezie che si auto-adempiono” (evocando in modo pretestuoso scontri di piazza da una parte e dall’altra) ed è necessario abbandonare qualunque illusione di surrogato (politico o ideologico) o di scorciatoia (giudiziaria) per una alternativa di governo, che può arrivare solo attraverso la conquista del consenso dei cittadini. Tutto il resto evoca fantasmi del passato, di cui dobbiamo liberarci per sempre. “La verità vi farà liberi”.

Marco Boato

 

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